1. Il Decreto legislativo del 30/12/1992 nr. 502, all’articolo 15 nonies prevede che il limite massimo
di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario
nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del
sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo
anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il
settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può darluogo ad un aumento del numero dei
dirigenti Tale disposizione vincola l’azione dell’Amministrazione, mandata solo della verifica dei
presupposti previsti dalla disposizione.
2. A mente della Legge 30/12/2023 n. 213, art. I, co. 164-bis, anche al fine di fare fronte alle
esigenze di formazione e tutoraggio del personale assunto ai sensi dell’articolo 1, comma 548-bis,
della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e ·dei medici con contratto di formazione specialistica, nonchè
di fronteggiare la grave carenza di personale, le aziende del Servizio sanitario nazionale, fino al 31
dicembre 2025, possono trattenere in servizio, su istanza degli interessati, i dirigenti medici e sanitari
dipendenti del Servizio sanitario nazionale, in deroga ai limiti previsti dall’articolo I 5-nonies de!
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, fino al compimento del settantaduesimo anno di età e
comunque non oltre la predetta data del 31 dicembre 2025. Il Ministero della salute e le università
possono applicare le disposizioni di cui al primo periodo, rispettivamente, ai dirigenti medici e sanitari
di cui all’articolo 17 comma 1, della legge I1 gennaio 2018, n. 3, e ai docenti universitari che svolgono
attività assistenziali in medicina e chirurgia. Le amministrazioni di cui al primo e al secondo periodo
possono riammettere in servizio, a domanda, fino al compimento del settantaduesimo anno di età e
comunque non oltre il 31 dicembre 2025, il personale di cui al presente comma collocato in quiescenza
a decorrere dal I° settembre 2023 avendo maturato i requisiti anagrafici e contributivi per il
pensionamento di vecchiaia, nei limiti delle facoltà assunzionali vigenti e previa opzione da parte del
medesimo personale per il mantenimento del trattamento previdenziale già in godimento ovvero per
l’erogazione della retribuzione connessa all’incarico da conferire. I dirigenti medici e sanitari e i
docenti universitari che svolgono attività assistenziali in medicina e chirurgia di cui al presente
comma non possono mantenere o assumere incarichi dirigenziali apicali di struttura complessa o
dipartimentale o di livello generale.
3. L’articolo 20 della Legge del 07/08/1990 -N. 241 (silenzio assenso), nel testo modificato dall’
articolo 3, comma 2, lettera d), del Dlgs. 30 giugno 2016, n. 126. non è, applicabile alla vicenda al
vaglio, qui trattandosi di atto gestione del rapporto di lavoro privatizzato. Ed infatti Corte di
Cassazione con la sentenza 24698/2021 ha stabilito che tale istituto è applicabile agli atti
amministrativi propriamente detti e non agli atti (ormai di natura privatistica) di gestione del rapporto
di lavoro contrattualizzato alle dipendenze della pubblica amministrazione. A ben vedere la normativa
generale sul procedimento amministrativo riguarda i procedimenti strumentali all’emanazione da
parte della PA di atti autoritativi, destinati ad incidere sulle situazioni giuridiche soggettive dei relativi
destinatari; e caratterizzati dalla “preminenza” dell’organo che li adotta.
Dette norme quindi non sono applicabili agli atti concernenti il rapporto di lavoro alle dipendenze
delle pubbliche amministrazioni, i quali sono adottati nell’esercizio dei poteri propri del datore di
lavoro privati; connotati dalla supremazia gerarchica ma in ogni caso privi dell’efficacia autoritativa
propria del provvedimento amministrativo. In altre parole, in assenza di autorizzazione “espressa” la
richiesta di restare in servizio s’intende per rigettata.
Tribunale di Foggia, Sezione Lavoro, 03 dicembre 2024, n. 3295.