1. In materia di espropriazione per pubblica utilità sussiste un indissolubile collegamento tra
l’indennità di espropriazione ed il momento del trasferimento della proprietà del bene. Ne consegue
che l’ammontare dell’indennità va determinato alla data del provvedimento ablatorio, con riferimento
al regime urbanistico vigente, tenendo conto di tutti i vincoli a carattere conformativo, e tra questi del
vincolo archeologico, che è idoneo a far classificare il terreno come legalmente non edificabile e
comporta una compressione dello “ius aedificandi”, a salvaguardia di interessi pubblici di natura
culturale.
2. Il vincolo di inedificabilità di un’area archeologica non può ritenersi sempre assoluto in astratto,
potendosi ipotizzare un’attività edificatoria che non pregiudichi la conservazione dei reperti
archeologici esistenti sull’area, fermo restando che il giudice di merito, con apprezzamento in fatto
incensurabile in Cassazione, può ritenere il vincolo assoluto in concreto, quando l’interesse
archeologico non rimanga circoscritto ad alcuni dei ritrovamenti, ma si correli al luogo nel suo
complesso integrando un parco archeologico, inteso quale sede di una pluralità di reperti testimonianti
uno specifico assetto storico di insediamento.
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’: Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 09/09/2024, n. 24122, in Guida al Diritto n. 39, 19 ottobre 2024, pag. 69 con nota di Mario Piselli