1.Rispetto alla gestione associativa in Unione, i Comuni in convenzione mantengono la titolarità
giuridica delle funzioni, delle risorse e del personale e non “si avvalgono” degli organi
amministrativi colà appositamente previsti. Essa pertanto costituisce un modello connotato da
maggiore flessibilità, tanto da risultare la forma associativa largamente più diffusa tra i piccoli
Comuni. Al contrario, la natura di Ente di secondo livello dell’Unione fa sì che le modalità
organizzative della stessa siano rimesse agli atti adottati dai relativi organi, in particolare lo Statuto
e i regolamenti, ferma restando, una volta che la stessa si sia costituita, l’applicabilità dei principi
previsti per l’ordinamento dei comuni, «con particolare riguardo allo status degli amministratori,
all’ordinamento finanziario e contabile, al personale e all’organizzazione» (art. 32, comma 4, del
d.lgs. n. 267 del 2000). In fase di prima istituzione, lo Statuto deve essere approvato dai consigli dei
comuni partecipanti; le successive modifiche invece sono rimesse alla competenza di quello
dell’Unione.
Dunque, l’Unione di Comuni si concretizza nella creazione di un Ente distinto dai Comuni che la
compongono, a finalità normalmente settoriale, dotato di propri organi e competenze esclusive,
nell’ambito dell’oggetto della gestione condivisa. Per contro, l’accordo gestionale cui si addiviene
con una mera convenzione può risolversi in una delega, ma non spoglia mai il Comune che la
conferisce della titolarità in astratto della relativa funzione. […]
Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza 11 gennaio 2024, n. 376