1. La finalità della motivazione è di assicurare, con la piena comprensione della scelta operata, la
trasparenza dell’azione amministrativa e il sindacato sulla legittimità e sulla correttezza del modo con
cui la funzione è stata in concreto svolta.
In particolare, quando viene in rilievo l’atto di un organo collegiale, per quanto la deliberazione
esprima essenzialmente il giudizio e la volontà della maggioranza dei componenti, è utile a
identificare il percorso logico seguito dall’organo anche l’insieme delle opinioni espresse nel dibattito
dai singoli suoi componenti, eventualmente anche di avviso contrario a quello poi prevalso.
La motivazione degli atti deliberativi collegiali può legittimamente essere desunta dalle opinioni
espresse dai singoli componenti dell’organo, le quali costituiscono esplicazione delle ragioni addotte
per suffragare il contenuto della votazione, nel corso della trattazione di ciascun affare sottoposto
all’esame dell’organo collegiale.
2. Alla violazione del termine finale di un procedimento amministrativo non consegue infatti
l’illegittimità dell’atto tardivo, salvo che il termine sia qualificato perentorio dalla legge. L’art. 2-bis
della legge sul procedimento, infatti, correla all’inosservanza del termine finale conseguenze
significative sul piano della responsabilità dell’Amministrazione, ma non include, tra le conseguenze
giuridiche del ritardo, profili afferenti la stessa legittimità dell’atto tardivamente adottato. Il ritardo,
in definitiva, non è quindi un vizio in sé dell’atto.
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza 14 maggio 2024 n. 4310