1. In materia di pubblico impiego, in ordine ai rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento
penale, sono esclusi dalle ipotesi in cui l’art. 1393 del D.Lgs. n. 66 del 2010 indica la necessità della
sospensione del procedimento disciplinare tutti quei fatti che – integrando in sede penale reati la
commissione dei quali implica una cesura del rapporto di immedesimazione organica o comunque la
riferibilità dei medesimi allo svolgimento della funzione o del servizio pubblico – non possono
riferirsi ad un “adempimento di obblighi e doveri di servizio”.
2. Con riferimento al personale delle Forze Armate, in ordine ai rapporti fra procedimento disciplinare
e procedimento penale, la valutazione della gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di
una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile
in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie
forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente
sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono
necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’Amministrazione, in sede di
formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale
assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità.
Consiglio di Stato – Sezione Seconda – Sentenza 6 giugno 2023, n. 5566