1. Il concorso bandito per ridurre il fenomeno del “precariato” vale a giustificare la disposta riserva
di partecipazione in favore di insegnanti precari, ma non consente di derogare al principio del
concorso pubblico di cui all’art. 97 della Costituzione, e, quindi, alla necessità di operare una
selezione basata sul possesso delle competenze dimostrate dai candidati, risultando del tutto
fisiologica, sul piano statistico, la possibilità che una certa percentuale di candidati non superi la prova
e che un certo numero di candidati consegua punteggi uguali.
2- L’art. 35, comma 3, lettera h), del d.lgs. n. 165 del 2001 stabilisce una serie di ipotesi di
incompatibilità fra le quali figura l’essere titolare di una carica politica. Tuttavia, in un ordinamento
democratico caratterizzato dal principio della sovranità popolare (art. 1 Cost.) in cui la libertà di tutti
i cittadini di potersi associare in partiti politici e di poter accedere alle cariche pubbliche elettive è
riconosciuta dalla Costituzione, la norma in esame deve essere interpretata in senso conforme alle
previsioni costituzionali.
La predetta clausola di incompatibilità deve essere ritenuta sussistente solo qualora la titolarità della
carica politica interferisca direttamene con la sostanziale esigenza di imparzialità (o anche solo con
la formale esigenza di apparente imparzialità) necessarie a garantire la parità fra tutti i partecipanti al
concorso secondo i principi sanciti dall’art, 97 della Costituzione.
La predetta circostanza non si verifica qualora il componente della Commissione di concorso non
ricopre alcuna carica politica comunque collegata con l’amministrazione che indice il concorso e le
sue competenze, né con la vicenda concorsuale in esame, ma è, più semplicemente, consigliere
comunale di un piccolo Comune.
Consiglio di Stato, Sezione Settima, Sentenza del 25 gennaio 2024 n. 777