Atti Amministrativi

ATTI AMMINISTRATIVI / AUTOTUTELA: 1. -Atti amministrativi -Autotutela -Autotutela doverosa -Nozione. 2. -Atti amministrativi -Autotutela -Autotutela doverosa -Possibilità -Limiti. 3. -Atti amministrativi -Autotutela -Autotutela doverosa parziale -Nozione. 4. -Atti amministrativi -Autotutela ex art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241/1990 – Fattispecie di autotutela doverosa parziale -Ragioni. 5. -Atti amministrativi -Autotutela ex art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241/1990 – Previo accertamento penale irrevocabile del falso -Insufficiente ad imporre l’annullamento -Ragioni. 6. -Atti amministrativi -Autotutela ex art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241/1990 – Possibilità di derogare al limite temporale di esercizio dell’autotutela -Significato ed effetti. 7. -Atti amministrativi -Autotutela ex art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241/1990 – Motivazione -Erronea prospettazione, da parte del privato, delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo – Sufficienza. 8. -Atti amministrativi -Autotutela ex art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241/1990 – Autonomia rispetto all’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 -Ragioni. 9. -Atti amministrativi -Autotutela ex art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241/1990 – Sovrapposizione parziale rispetto all’art. art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 -Ragioni e limiti. 10. -Atti amministrativi -Istanza di autotutela ex art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241/1990 -Obbligo di provvedere -Sussiste. 11. -Atti amministrativi -Istanza di autotutela ex art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241/1990 -Valutazione dell’istanza -Contenuti e limiti. 12. Atti amministrativi -Istanza di autotutela ex art. 21-novies della l. n. 241/1990 – “Responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo” -Interpretazione/Portata. 13. -Atti amministrativi -Distinzione tra controllo del territorio e controllo sulla legittimità dei titoli che ne consentono le modifiche -Individuazione. 14. -Edilizia ed urbanistica- Istanza di repressione di abusi edilizi realizzati su area confinante formulata dal vicino proprietario – Obbligo di provvedere – Sussistenza. 15. -Potere di autotutela – Potere di controllo del territorio – Differenze – Individuazione. 16. – Processo amministrativo – Giudizio avverso il silenzio ex art. 31 cod. proc. amm. – Ipotesi di annullamento di ufficio – Valutazione della fondatezza della pretesa azionata. Impossibilità. 17. -Atti amministrativi -Istanza di autotutela in ragione del giudicato penale sopravvenuto – Obbligo di provvedere -Contenuti, limiti e modalità.

1. Con l’espressione “autotutela doverosa”, che in realtà sembra riassumere in sé una contraddizione
in termini rispetto alla ontologica discrezionalità che connota per regola l’istituto, si intende far
riferimento a quelle situazioni in presenza delle quali il potere di riesame dei propri atti da parte della
pubblica amministrazione è, appunto, dovuto, tassativamente individuate dal legislatore, ovvero
declinate in maniera altrettanto precisa in via pretoria.
2. Sulla possibilità di introdurre ipotesi di “autotutela doverosa” a livello normativo il giudice delle
leggi si era già espresso ancor prima dell’introduzione nella l. n. 241 del 1990 del Capo IV-bis,
risalente alla riforma del 2005: chiamata a pronunciarsi sull’art. 6, comma 17, l. n. 127 del 1997,
recante l’obbligo per gli enti locali di autoannullare i propri provvedimenti di inquadramento del
personale illegittimi (in verità non a regime ma “a sanatoria” entro una certa data), la Corte
costituzionale ebbe infatti modo di affermare che «in via di principio, il momento discrezionale del
potere della pubblica amministrazione di annullare i propri provvedimenti non gode in sé di
copertura costituzionale. Lo strumento dell’autotutela deve sempre essere valutato nel quadro dei
princìpi di imparzialità, di efficienza e, soprattutto, di legalità dell’azione amministrativa, espressi
dall’art. 97 Cost.» (Corte cost., 22 marzo 2000, n. 75).
3. Accanto ai casi di autotutela doverosa “totale”, la dottrina più accorta teorizza la sussistenza di
un’autonoma categoria di “autotutela doverosa parziale”, consistente nella mera dequotazione del
termine ragionevole per procedere all’annullamento d’ufficio, come noto pari ormai a dodici mesi
per i casi di autorizzazioni o atti che accordano benefici economici.
4. L’art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241 del 1990 declina sicuramente un caso di autotutela
doverosa parziale, nell’accezione sopra chiarita, ovvero nel senso di consentire all’Amministrazione
il suo esercizio anche oltre i termini fissati dal legislatore.
5. L’uso lessicale del verbo servile potere («possono essere annullati»), anziché dell’indicativo
presente del verbo essere (“sono annullati”), pare inequivoco nel rendere l’accertamento penale
irrevocabile del falso insufficiente ad imporre l’annullamento dell’atto, dovendo essere effettuate
comunque anche le ulteriori verifiche previste dalla norma, fermo restando che nel caso di specie non
si porranno esigenze di tutela dell’affidamento del dichiarante il falso o del diretto (e consapevole)
beneficiario dello stesso.
6. La scelta del legislatore di derogare al limite temporale di esercizio dell’autotutela non può
rimanere priva di conseguenze sul piano della doverosità dell’attivazione delle necessarie verifiche.
La possibilità, cioè, che si riediti il proprio potere anche a distanza di molto tempo, come tipicamente
avviene nel caso del giudicato penale di falso, implica necessariamente che una valutazione delle
conseguenze dello stesso sulla (eventuale) conservazione del titolo venga effettuata, seppure a
potenziale discapito delle esigenze di certezza delle posizioni giuridiche ormai consolidate nel tempo.
Da qui la correttezza, ritiene il Collegio, dell’utilizzo del termine “autotutela doverosa”, essendo essa
tale anche a distanza di anni nell’accezione di imporre il riesame e conseguentemente riscontrare la
relativa richiesta avanzata dal terzo interessato in tal senso, senza vincolarne gli esiti.
7. L’erronea prospettazione, da parte del privato, delle circostanze in fatto e in diritto poste a
fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare una sua posizione di
affidamento, con la conseguenza che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi
soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte.
8. Laddove il rinvio all’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000 rendesse sempre e comunque applicabile
l’annullamento d’ufficio, lo stesso si risolverebbe in una sostanziale interpretatio abrogans del
comma 2-bis dell’art. 21-novies, derubricandolo a mero richiamo a un meccanismo sanzionatorio
rinvenibile aliunde, del tutto incompatibile con il ricordato utilizzo del verbo “potere” quale ribadita
affermazione del permanere di un seppur minimo margine di discrezionalità amministrativa. Al
contrario, la clausola di salvaguardia «fatta salva l’applicazione […] delle sanzioni previste dal Capo
VI del testo unico […]» evoca caso mai un cumulo di sanzioni/conseguenze della declaratoria falsa,
non la radicale sovrapposizione delle due ipotesi, con assorbimento dell’una (quella “meno” rigorosa)
nell’altra.
9. L’art. 21-novies e l’art. 75 si sovrappongono solo in parte con riferimento all’oggetto della
dichiarazione. Il primo, infatti, distingue chiaramente le «false rappresentazioni», dizione ad ampia
valenza contenutistica nella quale sicuramente rientra la descrizione dello stato dei luoghi ove si va
ad inserire un intervento edilizio, dalle «dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di
notorietà false o mendaci», ovvero quella specifica e tipica tipologia di dichiarazioni disciplinate
dagli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000, in relazione alle quali l’art. 75 irroga la decadenza quale
conseguenza del mendacio. A tutto concedere, quindi, alla lettura rigorista che vuole far prevalere
sempre e comunque la decadenza sull’annullamento d’ufficio, ciò deve essere limitato ai casi in cui
il mendacio sia contenuto in una dichiarazione sostitutiva di certificazione (i cui oggetti sono
analiticamente elencati all’art. 46 del d.P.R. n. 445/2000) ovvero di “atto notorio”, vale a dire quello
stato di fatto la cui conoscenza è di comune dominio (“notoria”, appunto) che il privato è autorizzato
a formalizzare in un documento a sua firma. Nei casi, invece, di «rappresentazioni di fatto» non
veritiere non rientranti in tali tipologie, ovvero rese da soggetti cui l’ordinamento attribuisce una
specifica qualifica soggettiva, l’art. 75 non rileva, vuoi che lo si ritenga un rimedio (sanzionatorio o
meno) aggiuntivo all’autotutela, vuoi che, per quanto sopra detto, lo si assorba nella stessa, piuttosto
che identificarla con essa.
10. A fronte dell’istanza di un privato che evochi gli effetti di un giudicato penale di falso,
l’Amministrazione è obbligata a valutarla.
11. All’esito di ridetta valutazione, la scelta sarà assai più semplice nel senso della caducazione
dell’atto piuttosto che del suo mantenimento, stante che, come precisato dall’Adunanza plenaria di
questo Consiglio di Stato, l’erronea prospettazione, da parte del privato, delle circostanze in fatto e
in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare una
sua posizione di affidamento, con la conseguenza che l’onere motivazionale gravante
sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera
prospettazione di parte (Cons. Stato, A.P. 17 ottobre 2017, n. 8). «L’interesse pubblico
all’eliminazione, ai sensi dell’ art. 21-nonies l. n. 241 del 1990 , di un titolo abilitativo illegittimo è
in re ipsa, a fronte di falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione, dolosa o colposa, della
realtà da parte dell’interessato, risultata rilevante o decisiva ai fini del provvedimento ampliativo,
non potendo l’interessato vantare il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un titolo
ottenuto attraverso l’induzione in errore dell’amministrazione procedente» (così T.A.R. , Salerno ,
sez. II , 05 gennaio 2021, n. 18, richiamata da Cons. Stato, sez. VI, -OMISSIS-). Solo all’esito tuttavia
di tale valutazione, che non poteva non tenere conto del lungo lasso di tempo trascorso e del subentro
nella proprietà della signora -OMISSIS- in apparenza estranea ai fatti di causa, non potendosene
presumere la connivenza per il solo fatto del rapporto di filiazione con la precedente proprietaria,
avrebbe dovuto scegliere se annullare gli atti “poggianti” su tale relazione tecnica.
12. Il Collegio ritiene che l’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 21-novies della l. n. 241 del 1990,
aggiunto dalla legge n. 164 del 2014, rappresenti una sorta di “clausola di salvaguardia”, che finisce
effettivamente per limitare l’ampia discrezionalità attribuita, in via generale, all’amministrazione, ma
non fino al punto di renderla doverosa. Essa, cioè, pone tra gli elementi di valutazione di cui la P.A.
deve tenere conto nel decidere se e come pronunciarsi sulla legittimità dei propri provvedimenti, la
necessità di evitare effetti pregiudizievoli per la stessa amministrazione, fermo restando che gli stessi
già possono conseguire all’avvenuta adozione dell’atto illegittimo. Più precisamente, il precetto in
questione più che prevenire le conseguenze negative per l’apparato pubblico che si verificherebbero
qualora l’autorità agente fosse chiamata a rispondere dei danni provocati dalle violazioni da essa
commesse nell’attuazione della legge, eliminate o meno, in via di autotutela, mira a prevenire in
generale comportamenti negligenti nell’esercizio della funzione pubblica.
13. Va detto che la distinzione tra controllo del territorio e controllo sulla legittimità dei titoli che ne
consentono le modifiche, chiara a livello teorico, finisce per debordare in molteplici ambiti
chiaroscurali di non agevole collocazione dogmatica. In astratto, dunque, il primo, quale strumento
conferito per dare effettività alle scelte di pianificazione urbanistica rimesse all’Ente locale, attiene
alla verifica, effettuabile senza limiti di tempo, della conformità degli interventi al regime di
edificabilità dei suoli per come cristallizzati nei titoli edilizi, ove rilasciati, ovvero all’illecita
realizzazione in assenza degli stessi di modifiche che in qualche modo impattino sul territorio; il
secondo, invece, implica, a monte e preventivamente, la verifica della sussistenza dei presupposti per
assentire una determinata richiesta di esercizio dello ius aedificandi, ex post, esclusivamente la
possibilità del loro annullamento, sussistendone i presupposti di legge, volti a contemperare le
esigenze di tutela della legalità con quelle di certezza delle situazioni giuridiche e di legittimo
affidamento che il privato ripone nella correttezza dell’operato della pubblica amministrazione.
14. L’amministrazione comunale ha l’obbligo di provvedere sull’istanza di repressione di abusi edilizi
realizzati su area confinante formulata dal relativo proprietario. In particolare, il proprietario
confinante, in ragione dello stabile collegamento con il territorio che si esprime nel concetto
di vicinitas, gode di una posizione differenziata e qualificata rispetto alla collettività, che lo legittima
ad avanzare tale istanza, essendo direttamente inciso dagli effetti dannosi del mancato esercizio dei
poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell’organo preposto.
L’amministrazione pertanto è tenuta ad attivarsi con l’adozione delle misure rese necessarie
dall’illegittima edificazione, ovvero adottando un provvedimento che spieghi esplicitamente le
ragioni della scelta negativa inversa, che dia conto delle valutazioni effettuate in merito alla
sussistenza o meno dell’abuso denunciato, con il risultato che il silenzio serbato sull’istanza integra
gli estremi del silenzio-rifiuto, sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento
dell’obbligo di provvedere in modo espresso.
15. Il primo giudice ha sostanzialmente posto sullo stesso piano le due richieste, di autotutela e di
controllo, operando un’indebita commistione tra le stesse, ovvero giustificando la doverosità della
prima in ragione della sussistenza dei compiti di controllo. Al contrario, trattavasi di due distinti
profili di obbligo di provvedere, uno riferito al richiesto riesame degli atti, l’altro alla verifica di
conformità agli stessi, per come “conservati” o caducati, dello stato di fatto esistente.
16. Nel giudizio avverso il silenzio, infatti, disciplinato dall’art. 31 cod. proc. amm. – non è consentito
al giudice amministrativo, in presenza di attività discrezionale, quale resta comunque in tali ipotesi
quella di annullamento d’ufficio, valutare la fondatezza della pretesa azionata, perché ciò
implicherebbe una non consentita ingerenza in spazi valutativi riservati all’amministrazione, con
violazione del divieto di sindacare poteri non ancora esercitati. Tale giudizio sulla fondatezza della
pretesa è possibile soltanto in presenza di attività vincolata anche nel quomodo, insussistente nel caso
di specie.
17. Il Comune di Barletta, alla luce della presente sentenza, è tenuto a riscontrare l’istanza di
autotutela della signora -OMISSIS- in quanto “doverosa” nell’accezione chiarita, alla luce del
giudicato penale sopravvenuto, o procedendo all’annullamento d’ufficio dei titoli edilizi cui fa
riferimento il sopravvenuto giudicato di falso, ovvero motivandone la mancata effettuazione, anche
in relazione alla sopravvenuta e ormai consolidata sanatoria. Nell’esercizio del proprio potere di
vigilanza, egualmente doveroso, è tenuto altresì ad attivare il previsto procedimento sanzionatorio,
sia in caso di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi, specificamente indicati, sia con riferimento a
quanto realizzato al di fuori degli stessi, ivi compresa la richiamata sanatoria, ove non fatta oggetto
di riesame in via autonoma, o per il ritenuto riverbero (anche) sulla sua legittimità della sentenza della
Corte d’Appello di Bari. In entrambi i casi, è tenuto a dare riscontro motivato alla richiedente o
adottando i previsti provvedimenti demolitori, o esplicitandone la mancata adozione. Resta ferma la
valutazione, in sede di esecuzione delle (eventualmente) intimate demolizioni della sussistenza dei
presupposti per consentire la c.d. fiscalizzazione dell’abuso, sia ove si determini nel senso
dell’annullamento dei titoli edilizi (art. 38 del d.P.R. n. 380/2001), sia in relazione agli interventi
difformi o non “coperti” dagli stessi, ivi compresa la sanatoria successivamente rilasciata (a seconda
del caso, art. 33, comma 2 ovvero 34, comma 2, del medesimo Testo unico). Resta fermo altresì
l’obbligo, a cura dei competenti organi comunali, di attivare i procedimenti finalizzati ad accertare le
previste responsabilità connesse sia all’adozione del provvedimento illegittimo che al suo mancato
annullamento.

Consiglio di Stato – Sezione Seconda – Sentenza 2 novembre 2023, n. 9415

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