1. E’ legittima l’interdittiva antimafia, non risultando violato l’art. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 159 del
2011, qualora la p.a. abbia effettivamente ponderato le esigenze di celerità del procedimento in
relazione alla gravità degli elementi indizianti e alla non occasionalità dell’agevolazione; fattori,
quelli appena elencati, che ad un esame congiunto hanno ragionevolmente indotto a ritenere che una
collaborazione procedimentale oltre che inutile fosse verosimilmente pregiudizievole per gli interessi
pubblici correlati alle esigenze di prevenzione amministrativa antimafia alla cura delle quali è
funzionale il potere esercitato con il provvedimento in esame.
2. Il pacifico diritto vivente, anche riconducibile “agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato
membro”, è condizione sufficiente per rendere flessibile l’obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte
di giustizia, e per evitare dunque l’abuso di tale rimedio; in particolare, per giurisprudenza costante,
la norma di cui all’art. 92, comma 2-bis, del d.lgs. n. 159 del 2011 costituisce un ragionevole punto
di equilibrio tra gli interessi in gioco, atteso che la libertà d’impresa non è oggetto di una tutela
assoluta: la prevenzione antimafia si fonda su di un valore antagonista rispetto ad essa, che è appunto
quello di prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia.
Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza 10 maggio 2024, n. 4206