1. Tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori (cfr. art. 25, comma 7, del d.lgs.
n. 152/2006) e che le norme in materia ambientale “possono essere derogate, modificate o abrogate
solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica, purché sia comunque sempre
garantito il rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali e delle competenze delle Regioni
e degli Enti locali” (art. 3-bis del citato d.lgs. n. 152/2006).
2. Ciò non può essere scalfito neppure dalla sussistenza di “criteri di priorità” nella gestione e
trattazione dei diversi progetti presentati, tenuto anche conto che, lo stesso legislatore, con la recente
novella normativa proprio in tema di ordine di trattazione dei cd. “progetti prioritari” (d.l. n.
153/2024, conv. dalla l. n. 191/2024), ha precisato come tale nuova disciplina non pregiudichi “il
rispetto dei termini dei procedimenti di valutazione ambientale previsti dalla normativa vigente per i
progetti compresi nel PNRR né di quelli finanziati a valere sul fondo complementare” (art. 8, comma
1-ter, d.lgs. n. 152/2006).
3. Si osserva, peraltro, che l’esistenza di un cospicuo numero di istanze sottoposte all’esame dei
competenti uffici non può assumere rilievo posto che ‹‹così come “non possono essere addotti tra i
motivi che ostano all’accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili
all’amministrazione” (art. 10-bis, ultimo periodo, legge n. 241 del 1990), allo stesso modo non
possono essere addotti tra i motivi che ostano alla conclusione tempestiva di un procedimento
eventuali disfunzioni organizzative interne agli uffici, potendo queste assumere un qualche rilievo
solo in termini di eventuale esimente di responsabilità personale in capo al singolo funzionario o
dirigente›› (Cons. Stato n. 9791/2024).
4. Inoltre, devono ritenersi applicabili anche al procedimento di VIA gli istituti di semplificazione o
di superamento implicito dell’inerzia di altre amministrazioni coinvolte. Sul punto, peraltro, la
Sezione ha già avuto modo di esprimersi con due recenti pronunciamenti (n. 1264/2024 e n. 500/2024)
dai quali non vi è ragione di discostarsi. Innanzitutto, occorre richiamare il dettato normativo di cui
all’art. 25, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, concernente, per l’appunto, la valutazione degli impatti
ambientali e il provvedimento di VIA. A mente di tale norma, “L’autorità competente valuta la
documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di impatto ambientale, delle
eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente, nonché dai risultati delle consultazioni
svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli articoli 24
e 32. Qualora tali pareri non siano resi nei termini ivi previsti ovvero esprimano valutazioni negative
o elementi di dissenso sul progetto, l’autorità competente procede comunque alla valutazione a norma
del presente articolo”. La disposizione va coordinata con le previsioni di cui all’art.17-bis della l. n.
241/1990, il quale prevede e disciplina un meccanismo di silenzio assenso nei casi in cui, per
l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di Amministrazioni pubbliche,
sia prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati nell’ambito del
relativo procedimento. Come chiarito dal Consiglio di Stato, peraltro, l’applicabilità di siffatto
meccanismo, in quanto paradigma generale dell’azione amministrativa nei rapporti tra
Amministrazioni pubbliche, non può essere revocata in dubbio ogniqualvolta il procedimento
amministrativo sia destinato a concludersi con una decisione “pluristrutturata” (nel senso che la
decisione finale da parte dell’Amministrazione procedente richieda per legge l’assenso vincolante di
un’altra Amministrazione): “il silenzio dell’Amministrazione interpellata, che rimanga inerte non
esternando alcuna volontà, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale ma
è, al contrario, equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’Amministrazione procedente
l’adozione del provvedimento conclusivo. La portata generale di tale nuovo paradigma fornisce una
importante indicazione sul piano applicativo dell’art. 17-bis, poiché ne consente una interpretazione
estensiva, quale che sia l’amministrazione coinvolta e quale che sia la natura del procedimento
pluristrutturato” (Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale, 23 giugno 2016, parere n.
1640).
5. Aggiungasi che in relazione al rilascio del provvedimento VIA, l’art. 25, comma 2-bis, del d.lgs.
n. 152/2006 (applicabile nel procedimento per cui è causa) prevede la seguente scansione temporale:
espressione della Commissione PNRR-PNIEC entro 30 giorni dalla conclusione della fase di
consultazione di cui all’art. 24 e comunque entro 130 dalla data di pubblicazione della
documentazione di cui all’art. 23; nei successivi 30 giorni il direttore generale del Ministero della
transizione ecologica (oggi MASE, cioè Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica) adotta
il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del
Ministero della cultura (MIC) entro il termine di 20 giorni, fatto salvo quanto previsto dall’art. 22,
comma, 1, lett. a), del d.lgs. n. 199/2021.
6. Tale ultima disposizione prevede che “nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione
di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l’adozione del
provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l’autorità competente in materia paesaggistica
si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l’espressione
del parere non vincolante, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di
autorizzazione”. Così ricostruito il quadro normativo in rilievo nel procedimento in esame, non può
quindi residuare alcun dubbio sul fatto che l’Amministrazione sia incorsa certamente in una ipotesi
di inerzia censurabile.
7. In conclusione, i termini procedimentali di cui all’art. 25 del d.lgs. n. 152/2006 non sono stati
rispettati, pertanto, il ricorso va accolto, mentre la nomina del commissario ad acta avverrà – ad
istanza di parte – nell’eventualità in cui, dopo il termine previsto in dispositivo, si protragga
l’inadempimento.
T. A. R. per la Puglia -Bari, Sezione Seconda, Sentenza 03 aprile 2025 n. 460