1 “Si controverte sulla legittimità del Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale rilasciato dalla
Regione Lazio alla società controinteressata, ai sensi dell’art. 27 bis del d. lgs. n. 152/2006, per la
realizzazione di un impianto fotovoltaico nel territorio del Comune ricorrente, su terreni con
destinazione d’uso agricola.
Il provvedimento unico regionale, introdotto dal d. lgs. n. 104 del 2017, è finalizzato a semplificare,
razionalizzare e velocizzare la VIA regionale, nella prospettiva di migliorare l’efficacia dell’azione
delle amministrazioni a diverso titolo coinvolte nella realizzazione del progetto e riunisce in unica
sede decisoria, la conferenza di servizi, le diverse amministrazioni competenti e non è quindi un atto
sostitutivo, bensì comprensivo delle altre autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto
stesso …”.
2. “… In proposito, il Collegio ritiene di dover in primis evidenziare che nella vicenda in esame
l’autorità procedente ha avuto di mira il contemperamento dei molteplici interessi pubblici
richiamati da parte attrice, confliggenti e pariordinati – i. e. l’interesse alla produzione energetica
sostenibile con quello della tutela, valorizzazione e conservazione del territorio, nella sua accezione
paesaggistica, storico-artistica e socio-culturale – e lo ha perseguito attraverso il coinvolgimento di
tutte le amministrazioni e enti potenzialmente interessati all’autorizzazione del progetto, in quanto
preordinati istituzionalmente alla tutela dei suddetti interessi e competenti ad esprimersi sulla
realizzazione ed esercizio del progetto …”.
3. “… il progetto presentato non comporta la variazione dello strumento urbanistico, in quanto gli
impianti di produzione di energia elettrica possono essere ubicati anche in zone classificate agricole,
zone che mantengono tale destinazione sia durante il periodo di funzionamento dell’impianto che
quando lo stesso verrà rimosso, alla fine del ciclo produttivo, a mente della previsione dell’art. 12,
comma 7, del d. lgs. n. 387/2003 a tenore del quale: “Gli impianti di produzione di energia elettrica,
di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate
agricole dai vigenti piani urbanistici”, e considerato che l’impianto, in quanto alimentato da fonti
rinnovabili non programmabili, rientra nel novero degli impianti di cui all’art. 2, comma 1, lett. c)
dello stesso decreto legislativo.
Tra l’altro le Linee guida di cui al d.m. 10 settembre 2010, nell’individuare i criteri generali per
l’inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio (par.16), consentono addirittura
l’autorizzazione di progetti per la realizzazione di impianti fotovoltaici anche “in zone agricole
caratterizzate da produzioni agroalimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P.,
I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio”, salva solo
l’esigenza che l’installazione degli impianti “non comprometta o interferisca negativamente con le
finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare
riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità,
così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”.
4. “… E sempre a proposito dei testé richiamati criteri generali per l’inserimento degli impianti nel
paesaggio e sul territorio, il Collegio rileva infine l’inconsistenza della doglianza sul mancato
possesso di taluno dei requisiti enumerati al par.16.1 e considerati elementi per la valutazione
positiva dei progetti, quale il requisito di cui alla lett. d) del riutilizzo di aree già degradate da attività
antropiche, pregresse o in atto (brownfield), tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati”
e quello di cui alla lett. f) della maggiore sostenibilità degli impianti e delle opere connesse da un
punto di vista dell’armonizzazione e del migliore inserimento degli impianti stessi nel contesto
storico, naturale e paesaggistico.
Orbene sul punto si osserva che:
– non è richiesto il possesso di tutti i requisiti de quibus in capo al soggetto che presenta un progetto
per la realizzazione di impianti da inserire nel paesaggio e nel territorio, posto che il tenore letterale
dell’alinea del par. 16.1 rivela, ragionando a contrario, l’ammissibilità dell’ipotesi di mancanza di
uno o più di detti requisiti (“La sussistenza di uno o più dei seguenti requisiti è, in generale, elemento
per la valutazione positiva dei progetti: …”) …”.
5. “… la giurisprudenza prevalente ritiene che tale determinazione sia assoggettata ad un obbligo di
autonoma e specifica motivazione solo nell’ipotesi in cui disattenda in tutto o in parte le risultanze
della conferenza di servizi e le posizioni prevalenti emerse in quella sede; di converso, laddove, la
determinazione recepisca le risultanze della conferenza, l’onere di motivazione ben può dirsi
soddisfatto per relationem, mediante il semplice richiamo ai verbali della conferenza stessa ovvero
ai pareri resi dalle amministrazioni partecipanti (ex plurimis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 16
settembre 2020, n. 9588; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 5 febbraio 2021, n. 123). Si tratta di un
postulato che nel caso di specie concorre ad escludere la predicabilità di un vizio della motivazione,
tenuto conto del richiamo puntuale nelle premesse motivazionali della determinazione regionale sub
iudice ai lavori della conferenza, nonché agli atti adottati e ai pareri espressi dai diversi soggetti
coinvolti nel corso della stessa …”.
TAR Lazio, Sez. Quinta, Sentenza 16 gennaio 2024, n. 800