1. Nel presente giudizio, infatti, ad essere contestato dalla parte ricorrente è il potere inibitorio
esercitato dal Comune di Tremestieri Etneo nell’ambito di un procedimento edilizio concernente un
immobile che non costituisce un’opera PNRR, il quale, quindi, si colloca al di fuori del perimetro di
riferimento della disciplina prevista dal predetto art. 12-bis del d.l. 68/2022, avente ad oggetto la
“accelerazione dei giudizi amministrativi in materia di PNRR”, la cui ratio è quella di “consentire il
rispetto dei termini previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”, favorendo una
contrazione dei termini processuali con riguardo a vicende giudiziali concernenti la realizzazione di
“opere” finanziate in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR.
Da ciò discende, conseguentemente, che le “amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel
PNRR”, le quali, ai sensi dell’art. 1, co. 4, lett. l), del d.l. 77/2021, conv. in l. 77/2021, sono i
“Ministeri e le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri responsabili dell’attuazione delle
riforme e degli investimenti previsti nel PNRR”, non sono da considerarsi parti necessarie nel presente
procedimento, non dovendosi disporre nei lori confronti l’integrazione del contraddittorio.
2. Quanto riportato nel suddetto verbale di sopralluogo, infatti, attiene all’attività di vigilanza
urbanistica ed edilizia che l’Amministrazione è tenuta ad esercitare senza limiti di tempo – e dai cui
rilievi possono emergere eventuali abusi tali da determinare l’adozione di possibili provvedimenti
repressivo-ripristinatori – e non alla verifica di “conformità” della S.C.I.A. in variante ai parametri
normativi di riferimento, la quale deve essere compiuta con riguardo all’accertamento dei suoi
requisiti e dei suoi presupposti, tenuto conto di quanto dichiarato nella segnalazione e nei correlati
elaborati progettuali, secondo le modalità e i regimi temporali di cui all’art. 19 della L. 241/1990.
Ne consegue che quanto descritto ed esposto nel “verbale di accertamento urgenti sui luoghi e di
sequestro” afferisce ad altro procedimento, di natura repressiva e succedaneo a quello di verifica della
rispondenza della S.C.I.A. ai requisiti di legge, da svolgersi, invece, alla luce di quanto dichiarato
nella S.C.I.A. e non in considerazione degli interventi, in seguito, concretamente realizzati dal
privato.
Dal combinato disposto dell’art. 22, comma 2 e dell’art. 31, comma 2, del D.P.R. 380/2001, infatti,
si evince che, una volta presentata la S.C.I.A. in variante, il Comune:
(i) esercita la sua attività di “vigilanza urbanistica ed edilizia”;
(ii) nell’ambito di tale attività, una volta accertata l’esecuzione di interventi “…con variazioni
essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso
la rimozione o la demolizione…”.
Tale “accertamento” presuppone l’ultimazione dei lavori e non può essere sovrapposto, o meglio,
confuso, con l’esercizio dei poteri di cui all’art. 19 della L. 241/1990, da svolgersi, invece, alla luce
di quanto dichiarato nel “titolo” (e nei correlati elaborati progettuali) e non sull’attività edilizia in
itinere che discende dalla presentazione della S.C.I.A. in variante.
T.A.R. Sicilia Catania, Sez. Terza, Sentenza, 13 febbraio2025, n. 574.