1. La Pubblica Amministrazione, in quanto tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di
diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni – e, quindi, il principio del “neminem laedere” – è
responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da
immissioni provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannata al
risarcimento del danno, così come al “facere” necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto
della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono – di per sé – atti
autoritativi e discrezionali, bensì un’attività materiale soggetta al richiamato principio del “neminem
laedere”.
2. La domanda di risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, non postula alcun
intervento del giudice ordinario di conformazione del potere pubblico e, dunque, non spiega
alcuna incidenza rispetto al perimetro dei limiti interni della relativa giurisdizione, ma richiede
soltanto la verifica della violazione da parte della P.A. del principio del neminem laedere e,
quindi, della sussistenza o meno della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. per la mancata
osservanza delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni,
trattandosi di condotta connotata da cosiddetta “colpa generica” determinativa di danno ingiusto per
il privato.
Cassazione Civile, Sezione Terza, Sentenza 23 maggio 2023, n. 14209, in Giurisprudenza Italiana, n. 6/2024, pag.1316: “Immissioni da movida selvaggia: l’argine della Cassazione, niente favor per la PA” di A. Pisani Tedesco