1. Il termine perentorio previsto dall’art. 54, comma 2, del d.p.r. n. 327 del 2001 e,
successivamente, dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2011, per l’opposizione alla stima
definitiva dell’indennità di esproprio, non è applicabile alla contestazione relativa alla
determinazione dell’indennizzo contenuta nel provvedimento acquisitivo adottato a norma
dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327 del 2001, con la conseguenza che il soggetto attinto dal decreto
di acquisizione ha facoltà di contestare la liquidazione e chiederne la determinazione giudiziale
nel termine ordinario di prescrizione; infatti, l’art. 29 citato, pur essendo successivo, non effettua
alcun rinvio al precedente art. 42-bis del menzionato d.p.r. n. 327, non risultando peraltro, in
ogni caso, consentite interpretazioni estensive e analogiche di norme che condizionano
l’esercizio del diritto di azione con riferimento a termini di decadenza e inammissibilità non
specificamente previsti dalla legge; al contempo, se la comune natura indennitaria del credito
pecuniario dell’espropriato e del soggetto attinto dal decreto di acquisizione può valorizzarsi per
giustificare la giurisdizione ordinaria e la competenza funzionale della corte d’appello, quale
giudice delle indennità in materia, ciò non consente di superare le diversità strutturale dei relativi
procedimenti amministrativi.
2. In caso di espropriazione dei beni indivisi, l’opposizione del singolo comproprietario alla
stima dell’indennità effettuata in sede amministrativa estende i suoi effetti anche agli altri
comproprietari, con la conseguenza che il giudice deve determinare l’indennità in rapporto al
bene considerato nel suo complesso.
Cassazione Civile, sezione prima, sentenza 18 dicembre 2023, n. 35287, in Il Foro Italiano, n. 3/2024, pag. 928: con Nota di richiami di E. Barilà