1. L’ANAC non può e non deve ingerirsi nelle vicende fattuali e nelle ragioni giuridiche che hanno
indotto la stazione appaltante a risolvere il contratto, dovendosi limitare ad una verifica
inevitabilmente sommaria delle posizioni delle parti contrattuali, al solo fine di escludere
l’inserimento di notizie manifestamente infondate. E’ escluso solo il caso in cui siano rilevabili palesi
violazioni procedimentali da parte del committente pubblico nella fase istruttoria della contestazione
degli addebiti ovvero vizi di forma del provvedimento di risoluzione immediatamente identificabili.
2. Costituisce principio immanente alla disciplina dei rapporti tra appaltatore e committente pubblico
quello che pone a carico del primo sia un particolare “dovere cognitivo” delle condizioni richieste ai
fini della corretta esecuzione dell’appalto sia l’onere di contestare tempestivamente gli atti di
esercizio del potere direttivo intestato al secondo, quali aspetti del più generale obbligo rafforzato di
cooperazione che grava sul contraente privato, funzionale al contenimento dei tempi per la
realizzazione dell’opera, oggi positivizzato nel principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n.
36/2023.
Nell’appalto rientra tra gli obblighi dell’appaltatore, senza necessità di una specifica pattuizione, il
controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle
caratteristiche del suolo su cui l’opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che
dall’esecuzione dell’opera, dipende il risultato promesso.
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione prima quater, n. 5834 del 25/03/2023