1.Ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se stipulati
dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di locatori, è applicabile la disciplina dettata
dagli artt. 28 e 29 della l. n. 392 del 1978, in quanto in base a tali norme, a differenza dell’ipotesi
regolata dall’art. 1597 c.c., la protrazione del rapporto, anche alle scadenze successive alla prima, non
costituisce l’effetto di una tacita manifestazione di volontà – successiva alla stipulazione del contratto
e presunta in virtù di un comportamento concludente – ma deriva direttamente dalla legge; ne
consegue che il contratto dovrà intendersi automaticamente rinnovato in mancanza di tempestiva
disdetta, la quale inoltre, alla prima scadenza, potrà ritenersi idonea a impedire la rinnovazione solo
se esercitata per uno dei motivi di cui all’art. 29 con le modalità e i termini ivi previsti. (Nella specie
la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in ragione della natura pubblica dell’ente locatore, aveva
escluso la rinnovazione automatica del contratto di locazione ed ha dichiarato la nullità per contrasto
con norma imperativa della clausola che prevedeva l’obbligo per la parte privata di restituzione
dell’immobile alla scadenza dei nove anni). (Cassa con rinvio, Corte d’Appello Perugia, 18/12/2020)
Cassazione Civile, Sezione Terza, Ordinanza 05/12/2023, n. 34010, in Giurisprudenza Italiana, n. 2/2024, pag. 248