1. L’ art. 100 c.p.c. è espressione di un principio generale valido anche nel processo amministrativo,
secondo il quale costituisce condizione per l’ammissibilità dell’azione, oltre alla titolarità di una
situazione giuridica sostanziale di diritto soggettivo o di interesse legittimo, anche la sussistenza
dell’interesse a ricorrere, inteso quest’ultimo non come idoneità astratta dell’azione a realizzare il
risultato perseguito ma, più specificamente, come interesse proprio e concreto del ricorrente al
conseguimento di un’utilità o di un vantaggio (materiale o, in certi casi, morale) a mezzo del
processo amministrativo; vale a dire, nell’ottica di un processo di stampo impugnatorio-annullatorio
che il processo amministrativo assume come suo presupposto la sussistenza di un interesse
all’eliminazione del provvedimento che il ricorrente ritiene lesivo della propria sfera giuridica.
Nella specie l’appellante mira a tutelare l’interesse concreto ad ottenere delle utilità (l’addotto
esonero dal pagamento della cauzione e la cancellazione delle iscrizioni dei provvedimenti di
esclusione dal Casellario ANAC nel frattempo intervenute). Sussiste anche l’interesse morale a non
veder astrattamente compromessa la propria immagine di operatore economico. […]
Consiglio di Stato -Sezione Sesta -Sentenza 28 novembre 2023, n. 10483, in Diritto Processuale Amministrativo n. 2/2023, pag. 377, con nota di D. Capotorto: “L’espulsione dal mercato per eccesso di livore: le derive giusnaturalistiche della nozione di moralità professionale e l’effettività del sindacato giurisdizionale nella recente giurisprudenza amministrativa”