1. Non è contestato tra le parti il quadro normativo comunitario e nazionale in cui si inscrive la
presente vicenda e, in particolare, la circostanza che le disposizioni succedutesi nel tempo
prevedano la possibilità di introdurre limiti ad insediamenti commerciali per motivi imperativi di
interesse pubblico.
Tali disposizioni sono peraltro in linea con quanto previsto dall’art. 8, comma 1, lett. h) del d. lgs.
59/2010 (di recepimento della c.d. direttiva Bolkenstein), laddove si individua come unico limite
ammissibile agli interventi di liberalizzazione la sussistenza di “motivi imperativi d’interesse
generale”, tali essendo indubbiamente quelli afferenti alla tutela della salute, dei lavoratori,
dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali.
Pertanto, è legittimo il divieto previsto non in via generalizzata bensì nella misura strettamente
necessaria rispetto allo scopo di tutela del commercio di vicinato quale rete di servizi indispensabile
a preservare e rivitalizzare il centro storico.
2. Il riferimento al procedimento tipico previsto dall’art. 14 lettera b) punto b.2) dell’allegato A alla
D.C.R. n. 563 – 13414/99 per l’autorizzazione delle strutture di vendita con superficie inferiore a
40.000 mq., presuppone la astratta assentibilità della localizzazione che, nella specie, è invece
vietata, sicché non è configurabile un aggravamento rispetto ad un iter procedimentale nella specie
non applicabile.
3. L’appellante reitera la doglianza incentrata sul vizio di incompetenza per avere l’assessore
sottoscritto le note con cui l’Amministrazione ha comunicato l’impossibilità di riconoscere la
localizzazione commerciale di tipo L2 e l’inidoneità del progetto presentato rispetto ai principi
dettati dalla deliberazione consiliare n. 31/2015, mentre, trattandosi di atti di gestione, gli stessi
avrebbero dovuto essere sottoscritti dal dirigente competente che invece si è limitato a vistarli.
L’appellante muove dalla errata premessa secondo cui il visto sarebbe un minus rispetto alla
sottoscrizione apposta dall’assessore, organo politico; al contrario, deve rilevarsi che il dirigente,
apponendo il proprio visto, ha, a tutti gli effetti, fatto proprio il contenuto delle due note che devono
ritenersi parimenti da lui sottoscritte.
Consiglio di Stato -Sezione Quarta – Sentenza 4 agosto 2023, n. 7538, in Foro Italiano n. 9/2023, Parte Terza, pag. 388, con nota di richiami