1. Le azioni reali nei confronti dei terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di
un edificio, tendono ad ottenere statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti
medesimi e, pertanto, esulando dall’ambito degli atti meramente conservativi, non possono
essere proposte dall’amministratore del condominio. Infatti, mentre, secondo l’art. 1131 c.c.,
comma 2, la legittimazione passiva è attribuita all’amministratore con riferimento a qualsiasi
azione concernente le parti comuni, per converso, l’art. 1130 c.c., n. 4, ne limita la
legittimazione attiva agli atti conservativi delle parti comuni dell’edificio, come confermato da
quelle norme (come, ad esempio, l’art. 460 c.c.) che, nel menzionare gli atti conservativi,
escludono che fra di essi siano comprese le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei
beni cui gli atti stessi si riferiscono. Pertanto, non rientra fra le attribuzioni dell’amministratore
l’azione di natura reale con cui i condomini di un edificio chiedano l’accertamento della
contitolarità della proprietà di un cespite, risultante dal regolamento redatto dal costruttore –
venditore.
2. Le deliberazioni dell’assemblea del Condominio devono essere interpretate secondo i canoni
ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 c.c. e segg., privilegiando, anzitutto, l’elemento letterale e,
nel caso in cui tale elemento risulti insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati
dalla legge, tra cui quelli afferenti alla valutazione del comportamento delle parti e alla
conservazione degli effetti dell’atto, che impongono all’interprete di attribuire alle espressioni
letterali usate un qualche effetto giuridicamente rilevante, anziché nessun effetto o un
significato meramente programmatico. […]
Cassazione Civile -Sezione Seconda – Sentenza 23 dicembre 2022, n. 37739, in Giurisprudenza Italiana n. 10/2023, pag. 2082, “Legitimatio ad processum dell’amministratore e delibera autorizzativa annullabile”, a cura di C. Guerra